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‘Chi ci guadagna con le tue mestruazioni”? Questo è il titolo (tradotto dalla rivista Internazionale) del video prodotto e diffuso dal quotidiano inglese The Guardian.

Su Venere 50 abbiamo affrontato il tema dei costi degli assorbenti o degli altri strumenti necessari durante il ciclo, ma qui si parla di un altro tipo di spesa alle quali le donne sono indotte, grazie alla proliferazione di app che dovrebbero aiutarle a monitorare il proprio corpo e la propria salute riproduttiva. Si parla dell’esplosione del settore femtech, di quelle tecnologie destinate ad un pubblico femminile in età fertile, diventato un target particolarmente attraente per i potenziali di guadagno che può rappresentare.

 

Dal 2015 è stato investito oltre un miliardo di dollari in questo settore ed ogni giorno aumenta il numero di donne che si affidano a queste app che si stanno rivelando (come era lecito immaginarsi) dei veri e propri strumenti succhia-dati. Le utenti sono infatti spinte a dare informazioni di ogni genere, non necessariamente legate alle specifiche problematiche del ciclo mestruale o della fertilità e queste informazioni possono ugualmente finire nelle mani di aziende, istituti di ricerca o altri soggetti. i 30 giorni del ciclo diventano dunque una ghiotta occasione per invogliare le donne a fare acquisti mirati, spinte dalla produzione di estrogeni (cosmetici o biancheria intima) o di progesterone (prodotti per la casa o per la maternità).

 

Se da un lato  le mestruazioni rimangono ancora un argomento tabù, qualcosa di cui parlare sottovoce per non turbare la sensibilità del pubblico o dei propri interlocutori, dall’altro rappresentano una formidabile occasione di guadagno, realizzato con la scusa di dotare un segmento del pubblico femminile di uno strumento oggettivamente utile ed efficace, ma che le utenti potrebbero finire di pagare a caro prezzo, cedendo gratuitamente i propri dati personali o cedendo alla tentazione di acquisti di cui in realtà non avrebbero alcun bisogno.